Leggendo oggi le molte lettere indirizzate a Edvige, ai suoi genitori, ai figli, alle persone con cui aveva rapporti di affari, emerge l’alta qualità della scrittura di Massimo Sella.
Il fraseggio, la coloratura della fantasia nel descrivere i fatti, l’indagine umana e affettuosa delle relazioni e la descrizione dei luoghi conferivano alla sua scrittura un interesse e un piacere per la conoscenza dei fatti descritti.
Di stampato e pubblicato non vi è che la Bürsch e questo fu per merito del figlio Alfonso.
Gli altri scritti furono quasi tutti dedicati ai membri della famiglia, a cominciare con le Lettere a Silvia, la nipote, e furono "pubblicati" come una sorta di edizione interna alla famiglia con bella presentazione, quasi a rappresentare la qualità privata del suo mondo relazionale.
Del resto leggendo le lettere di lavoro, quasi sempre ne emerge una qualità di scrittura e un resa dell'atmosfera che vanno oltre le necessità divulgative di una pubblicazione di lavoro.
Bambino, già scriveva con proprietà del significato delle sue emozioni, rivolgendosi ai genitori genuinamente amati, così come si evince dalle tante lettere conservate che scrisse dai primi anni fino agli ultimi della sua vita. Queste in sé offrono un paesaggio della storia e dello sviluppo della famiglia, oltre che di lui stesso.
Così le molte pubblicazioni scientifiche portano l’impronta di una scrittura rigorosa, ma nello stesso tempo illuminata da una visione tridimensionale del fenomeno investigato, al di là della pura dizione tecnica.
Nel 1943 morì l’amatissima moglie Edvige e al contempo l’Istria e Rovigno furono perdute all’Italia e così l’Istituto di Biologia Marina, da lui diretto e condotto a progressivo sviluppo lungo i 20 anni in cui lo diresse, lo amò e lo rese più ricco e completo. Durante questo momento di tormento emotivo e lotta per non precipitare in un lutto infinito e senza uscita, egli intraprese un lungo viaggio di risalita e lo scrittore compiuto e latente ne emerse; ben fu riconosciuto dal figlio Alfonso che dopo la sua morte curò e pubblicò il testo del padre sulla Valle di Edvige, La Bürsch.
La Valle di Edvige è la valle Cervo e fu questa fatta rivivere da Massimo visitandola ed esplorandola in tutti suoi anfratti ed aspetti, geografici, culturali, storici, indagando giorno dopo giorno, consultando gli abitanti, visitati di persona in tutti i paesi, particolarmente le vecchie persone depositarie di parole dialettali in via d’estinzione: ne uscì un libro di molti capitoli simbolicamente correlati, forse ancora in attesa di più attenta e colta presentazione.
In quegli stessi anni dopo il ’43, scrisse anche altri testi rivolti all’interno della famiglia e agli amici particolarmente vicini, alcuni rilegati preziosamente, come Lettere a Silvia, e così Il viaggio in Sardegna, il Castagno, l’Ulivo, questi gli ultimi tre anche corredati da fotografie, sempre con il pensiero rivolto a persone amate o stimate, con cui condividere l'esperienza.
Aveva inoltre iniziato un lavoro sui funghi, Piacevoli ragionamenti sui funghi: nel suo archivio sono conservati i manoscritti raccolti in capitoli, già organizzati da lui stesso, e da questo si evince la sua volontà di realizzare una pubblicazione, aveva infatti collezionato stampe antiche da apporre a corredo di questo testo.
Scrisse pure un breve testo, Storia del gatto Cinnamomo, per la figlia di una cara amica dei suoi ultimi anni, Pia Maffei; e infine Lettere da Venezia, serie di pensieri dedicati alla stessa.
Tutti testimoniano l’alta qualità della sua scrittura e del suo pensiero.
“Nella tasca dei pantaloni tiene nascosta una boccetta d’inchiostro per i versi che scriverà dietro alle note della lavandaia che ha portato da Roma, ancora da pagare, lasciando in pegno la giacchetta. ”